Rubaldo Merello, la rivincita di un grande artista ligure, relegato per troppo tempo ad un ambito solo locale. Ora portato alla ribalta grazie alla mostra a Palazzo Ducale di Genova a lui dedicata

Alzi la mano chi conosce Rubaldo Merello. Alzi ora la mano chi conosceva questo grande artista ligure già prima della mostra a lui dedicata, che si sta svolgendo in questi giorni a Palazzo Ducale di Genova, a cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone.

Sarà un pregiudizio dovuto alla mia di ignoranza (lo ammetto, io non conoscevo Merello) ma sono dell’idea che se potessi contare tutte le mani alzate, queste sarebbero davvero poche.

Eppure stiamo parlando di un artista davvero eccezionale, che questa mostra riesce ad affrancare da una collocazione di importanza solamente locale.

Come sia possibile che un artista di una tale bravura e originalità sia immeritatamente relegato ad un ambito di conoscenza regionale proprio non riesco a spiegarmelo, tra l’altro in vita partecipò anche a numerose e importanti mostre, prima fra tutte a Parigi nel 1907 al Salon des Peintres Divisionnistes Italiens.

Ma forse proprio questa data, 1907, riesce a far emergere in me un ricordo, che può aiutarmi a capire come possa avvenire una tale cecità artistica collettiva.

Nel febbraio del 1907, al Salon d’Automne, fu dedicata una imponente retrospettiva commemorativa ad un geniale artista, fino però a quel momento assolutamente escluso dai salotti della creatività parigina, che sconvolse un’intera generazione di nuovi artisti (tra cui Picasso e Modigliani), che pose le basi del cubismo e che aprì le strade alle più importanti avanguardie artistiche del Novecento, sto parlando di Paul Cézanne.

Forse il parallelismo è un po’ esagerato, Cézanne è sicuramente uno tra i massimi esponenti dell’arte di tutti i tempi, Merello in effetti no, ma questi due artisti hanno alcuni punti di contatto tra loro.

Entrambi, ad esempio, decisero, di loro spontanea volontà, di vivere distanti dai riflettori della ribalta artistica, entrambi condussero una vita privata, con le proprie mogli, dedicandola totalmente alla ricerca della propria arte, in ambienti dallo splendido contesto paesaggistico, dove la natura era la padrona incontrastata della scena.

Nessuno dei due aveva necessità di vivere della propria arte e dunque poterono entrambi sperimentare e giungere ad uno stile estremamente originale, frutto di una personalissima ricerca, e non dei dettami e delle richieste commerciali dei gusti artistici della società del tempo.

Una libertà questa che è alla base della vera arte, della vera sperimentazione, della vera ricerca di nuove strade e nuove verità.

Mi viene in mente un terzo grande artista, Giorgio Morandi, anche lui, come i precedenti, decise di vivere in un contesto provinciale, per potersi dedicare totalmente alla propria ricerca artistica, e anche lui venne conosciuto dal grande pubblico solo successivamente.

Dunque un destino, quello di Merello, comune a quello di tanti altri grandi artisti, che si rifiutarono di farsi inghiottire dalla macchina, sempre esistita, del marketing di opere d’arte, per porre invece le loro ricerche davanti a quella possibilità di gloria e celebrità, capendo forse che quest’ultime si sarebbero rivelate fugaci e circoscritte al periodo storico di appartenenza.

O, molto più probabilmente, non pensarono mai a tutto ciò, ma semplicemente sentirono in loro solo un grande desiderio di fare ARTE, quell’arte vera che non può scendere a compromessi con nessuno.

Infatti l’isolamento fisico di Merello non è anche isolamento culturale, dalle sue opere si intuisce molto bene come fosse al corrente e ben informato su tutte le più innovative tendenze artistiche del momento: ad esempio in molte sue opere intravedo l’influenza delle prime stampe giapponesi, che stregarono tutti gli artisti più all’avanguardia dell’epoca, inoltre in lui sono ben evidenti anche delle tendenze Fauves, movimento con a capo Matisse, che ebbe la propria prima collettiva grazie al Salon d’Automne di Parigi nel 1905.

Chi mi conosce sa quanto io sia innamorata dell’arte di Matisse, potete quindi anche comprendere, con questo ultimo parallelismo, perché la potente carica artistica, dai forti colori contrastanti di Merello mi sia piaciuta così tanto. Trovo che la sua trasfigurazione fantastica della realtà sia davvero di un livello artistico molto alto e la domanda che a questo punto mi sorge spontanea è: quanti altri ancora sconosciuti “merello” hanno dedicato tutta la loro vita all’arte, per il puro piacere di fare arte, ma sono ancora in attesa di essere scoperti e affrancati da una condizione di isolamento artistico? Probabilmente molti, magari anche il vostro vicino di casa un po’ eccentrico.

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